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L’effetto devastante delle attività umane sulla biodiversità
26 marzo 2025 |
La varietà biologica è in pericolo. Nel mondo stanno scomparendo sempre più specie di piante e animali. L’artefice di ciò è l’uomo. Finora però mancava una sintesi in merito alla gravità e alla tipologia degli interventi umani sulla natura e anche riguardo al fatto se gli effetti si ripercuotono in tutto il mondo e su tutti i gruppi di organismi. Questo è dovuto al fatto che fino a oggi la maggior parte degli studi prendeva in considerazione rispettivamente solo i singoli aspetti, esaminando o il cambiamento della varietà delle specie nel corso del tempo o limitandosi a un luogo o a specifiche influenze antropiche. Difficile trarre da ciò una generalizzazione degli effetti e delle ripercussioni dell'uomo sulla biodiversità.
Per colmare questi vuoti nella ricerca, un team dell’Istituto per la Ricerca sulle Acque Eawag e dell’Università di Zurigo ha condotto uno studio di sintesi senza eguali. I ricercatori e le ricercatrici hanno raccolto e raggruppato i dati di circa 2100 studi, che hanno comparato la biodiversità in quasi 50‘000 siti alterati dall’uomo con quasi 50‘000 siti di riferimento non compromessi. Gli studi comprendono habitat terrestri, di acqua dolce e marini in tutto il mondo nonché tutti i gruppi di organismi, da microbi, funghi, piante a invertebrati, pesci, uccelli e mammiferi. « È una delle più grandi sintesi mai effettuate a livello mondiale sugli effetti dell’essere umano sulla biodiversità», afferma Florian Altermatt, professore di ecologia acquatica presso l’Università di Zurigo e a capo di un gruppo di ricerca alla Eawag.
Il numero delle specie sta diminuendo significativamente
I risultati dello studio appena pubblicato sulla rivista specializzata «Nature» sono inequivocabili e confermano a chiare lettere quanto sia devastante l’influsso dell’uomo sulla biodiversità a livello mondiale. «Abbiamo analizzato gli effetti dei cinque principali fattori antropici che influenzano la biodiversità: il cambiamento degli habitat, lo sfruttamento diretto come caccia o pesca, i cambiamenti climatici, l'inquinamento e le specie invasive», spiega François Keck, post-dottorando nel gruppo di ricerca di Altermatt e autore principale dello studio. «I nostri risultati dimostrano che tutti e cinque i fattori hanno forti effetti negativi sulla biodiversità, e questo a livello mondiale, su tutti i gruppi di organismi e in tutti gli ecosistemi.»
«I nostri risultati dimostrano che tutti e cinque i fattori hanno forti effetti negativi sulla biodiversità, e questo a livello mondiale, su tutti i gruppi di organismi e in tutti gli ecosistemi.»
François Keck, ecologo e post-dottorando
In media il numero delle specie nei siti compromessi era quasi di un quinto inferiore rispetto ai siti comparati non alterati. Forti perdite di biodiversità in tutte le regioni biogeografiche si riscontrano nei vertebrati come rettili, anfibi o mammiferi. Le loro popolazioni sono generalmente molto più piccole di quelle degli invertebrati, e questo aumenta la probabilità di estinzione.
Le comunità biologiche si stanno spostando
Gli effetti però vanno ben oltre la perdita di biodiversità. «Non soltanto diminuisce il numero delle specie», sostiene François Keck. «A fronte della pressione umana, cambia anche la composizione delle comunità biologiche.» Oltre al mero numero delle specie, la composizione delle specie in un determinato sito rappresenta il secondo aspetto chiave della biodiversità. Nelle regioni di alta montagna, ad esempio, a causa del riscaldamento climatico c’è il rischio che le piante altamente specializzate vengano soppiantate dalle specie delle zone più basse. Eventualmente il numero di specie può quindi anche rimanere invariato in un determinato sito, tuttavia la biodiversità e le rispettive funzioni ecosistemiche vengono alterate, ad esempio quando scompare una specie che con le sue radici protegge efficacemente il suolo dall’erosione. I cambiamenti più drastici delle comunità biologiche si registrano per i piccolissimi microbi e i funghi. «Ciò potrebbe dipendere dal fatto che questi organismi sono caratterizzati da brevi cicli vitali e un alto tasso di diffusione e quindi reagiscono più velocemente», dichiara François Keck.
Secondo lo studio, effetti particolarmente negativi sul numero di specie e sulla composizione delle comunità biologiche sono dati dall’inquinamento ambientale e dal cambiamento degli habitat. Questo non deve affatto sorprendere, dice Florian Altermatt. Spesso un cambiamento dell’habitat è molto incisivo, ad esempio quando viene abbattuta una foresta o livellato un prato. In caso d’inquinamento invece, sia esso involontario come nel caso dell'avaria di una petroliera o volontario, ad esempio mediante spruzzatura di pesticidi, vengono immesse nuove sostanze nello spazio vitale che annientano o indeboliscono gli organismi che lo popolano. Questa constatazione non significa che il cambiamento climatico in confronto sia meno problematico per la biodiversità, afferma Altermatt. «Probabilmente però, la reale portata dei suoi effetti oggigiorno non è ancora dimostrabile.»
«La reale portata degli effetti del cambiamento climatico probabilmente oggigiorno non è ancora dimostrabile.»
Florian Altermatt, Professore di ecologia acquatica
I risultati sono un campanello d’allarme
Come terzo aspetto chiave della biodiversità il gruppo di ricerca ha esaminato in luoghi diversi la cosiddetta omogeneizzazione biotica, ovvero il processo per cui le comunità biologiche diventano più simili. L’agricoltura intensiva su larga scala, ad esempio, fa sì che i territori e le comunità biologiche ivi presenti diventino più omogenei, ovvero più simili. Riguardo a questo aspetto gli effetti sono risultati essere non uniformi: in alcuni studi si riscontra un forte allineamento, mentre in altri le comunità biologiche sono addirittura più dissimili, soprattutto a livello locale.
I ricercatori e le ricercatrici nutrono tuttavia dei dubbi che quest’ultimo sia un buon segno, avanzando l’ipotesi che le crescenti dissomiglianze potrebbero anche essere un effetto transitorio in habitat fortemente compromessi. «L’influsso umano che riscontriamo è in parte talmente accentuato che addirittura si trovano indizi che potrebbero indicare un totale collasso delle comunità biologiche», spiega Florian Altermatt.
Secondo gli autori e le autrici, dallo studio emerge che i cambiamenti della biodiversità non dovrebbero essere imputati unicamente ai meri cambiamenti del numero di specie, ma d’altro canto i risultati sono un segnale d’allarme a causa della loro evidenza e della validità su scala mondiale. E possono servire come parametri per future ricerche sulla biodiversità e impegni volti alla tutela della natura. «I nostri risultati indicano chiaramente quali influssi umani alterano in quale misura la biodiversità», afferma François Keck. «Da ciò si può rilevare anche quali obiettivi occorre porsi se si desidera invertire queste tendenze.»
Immagine di copertina: Secondo lo studio, effetti particolarmente negativi sul numero di specie e sulla composizione delle comunità biologiche sono dati dall’inquinamento ambientale, come la spruzzatura di pesticidi, e dal cambiamento degli habitat. (Foto: Adobe Stock)
Pubblicazione originale
Keck, F.; Peller, T.; Alther, R.; Barouillet, C.; Blackman, R.; Capo, É; Chonova, T.; Couton, M; Fehlinger, L.; Kirschner, D.; Knüsel, M.; Muneret, L.; Oester, R.; Tapolczai, K.; Zhang, H.; Altermatt, F. (2025) The global human impact on biodiversity, Nature, 26 March 2025, DOI: 10.1038/s41586-025-08752-2.
Finanziamento / Cooperazione
- Eawag
- Universität Zürich